martedì 3 giugno 2014

Madau, su feisbuc


Note da facebook,

di Marcello Madau

Non è per una necessità polemica che ritorno su certe strane posizioni archeologiche promosse da supposte reti. E’ che la maniera di leggere e intendere il nostro patrimonio archeologico, il discorso dell’identità, le politiche della valorizzazione sono punti di discussione reale, che possono e devono essere serenamente serrati.
onvinto che non si debba avere alcun relativismo sulle scempiaggini, e che la loro suggestione non debba costituire strumento furbetto di attrazione turistica.
Va costruito un ciclo completo, integrato, coerente e virtuoso fra correttezza scientifica, tutela e promozione.

Chiaramente i linguaggi sono diversi, non si dovrà promuovere un nuraghe con gli stessi linguaggi di un saggio da rivista scientifica o con autismo catalografico. Poi la gente si allontana, e giustamente, perchè non capisce e ha diritto di capire: senza comprensione il patrimonio archeologico non è nè pubblico nè comune.
Il campo della comunicazione ha codici diversi, il visitatore va attratto, e gli strumenti – accanto a una corretta informazione scientifica – sono di contesto: cibo buono, gentilezza, brave guide turistiche, piacevole sosta, servizi pubblici efficienti, lenzuola fresche e pulite in albergo o nel bed & breakfast.

Ma il 'prodotto culturale' deve essere vero, diversamente – e non solo per una questione di identità culturale da trattare e costruire con rispetto e serietà – prima o poi si pagano costi carissimi. Il visitatore ingannato con stranezze lo verrà a sapere.

Siamo ben oltre l'immaginario, talora discutibile, di racconti e fumetti. Se gira la voce che ‘freghiamo i turisti’, come per anni purtroppo è stato fatto, ci bruciamo anche economicamente il patrimonio. Oppure, se qualcuno vorrà ...emozioni forti, preferirà andare al Loch Ness da Nessie.
La correttezza scientifica, l’orgoglio di un’identità costruita in modo ragionevole, su basi verificabili/falsificabili e riferimenti certi, non devono essere separati dal processo della valorizzazione turistica.  
La Sardegna ha già impareggiabili  e vere risorse attrattive senza necessità di stranezze, scempiaggini o addirittura falsi. Costruire identità e processi economici su basi solide crea identità ed economie ambientali solide.
Vi sottopongo allora, alla luce di queste premesse, le seguenti considerazioni prese oggi dalla rete Nurnet.


“Attorno al 21 giugno, solstizio d'estate, il sole penetra i suoi raggi all'interno della Tholos del nuraghe Ola, nel territorio di Oniferi.
Vi sono persone che ritengono l'esporsi ai raggi solari, in quel momento e in quel luogo, un'azione benefica.
Noi consideriamo questo fatto particolarmente interessante sotto gli aspetti antropologici, del marketing e della comunicazione turistica.
Ma anche il fatto che vi sia un gruppo di persone che ivi si riunisce e amorevolmente sta insieme ha dei risvolti che consideriamo importanti almeno quanto quelli economici.
Pace e Sardegna, quindi.
a.g. “.

Esattamente i processi criticati prima! Ed è curioso l’amore (selettivo) di Nurnet verso i nuraghi, la stessa della originaria matrice Nur-at; un amore che sa di marketing da hard discount (oltre quindi i supermercati berlusconiani) e relativa promozione. Che teorizza la logica del pacco e della patacca.

Aggiungo un’ultima considerazione: sono sempre stato contrario, seguendo le norme e il senso della Carta del Restauro, alle anastilosi. Ma questa volta farei un’eccezione, e mi piacerebbe davvero ricostruire le sommità dei nuraghi (e dei pozzi sacri) ‘come erano’, sormontate da murature e terrazzi a mensole: così il sole non passerebbe più dai fori sommitali odierni e il giochino sarebbe finito. 

Si potranno restituire i turisti al sole non solo solstiziale della Sardegna (non è meglio allungare la stagione?), ed evitare affollamento di malati per guai e reumatismi vari fra nuraghi, pozzi e tombe di giganti. Tra l’altro, visto i costi crescenti della supposta sanità pubblica, l’afflusso di sofferenti potrebbe causare danni gravi ai nostri monumenti nuragici.


Caro Marcello: 
mi perdonerai, spero, il commento scherzoso e goliardico, 
Non capirò mai (io, non sardo) la preferenza che gli scrittori sardi accordano immancabilmente all'aggettivo 'supposto', piuttosto che usare 'presunto', o 'ipotetico'. 
Ma in questo caso (trattandosi di NurNet e Nur-At), concordo anche io e credo che non ci sia vocabolo più adatto di una supposta, meglio se farmacologicamente potente.
Per il resto: sono totalmente daccordo con te; e aggiungo il motto del mio WebLog:

Amare (la Sardegna, in questo caso) significa essere 

pienamente consapevole di tutti i pregi e i difetti 

dell'oggetto del proprio amore e conseguentemente 

rappresentarlo esattamente com'è.