domenica 27 settembre 2015

Nuova Sintesi

New synthesis method 

imitates the way molecules were formed 

at the dawn of life on Earth 

Breakingnews, Evolution, Genetics, Origin of Life 





Researchers from the Institute for Advanced Chemistry of Catalonia (IQAC-CSIC), with support from the Nuclear Magnetic Resonance Service of the Universitat Autònoma de Barcelona (UAB) have developed a method for synthesising organic molecules very selectively, by assembling simple molecules and using an enzyme from E. coli (FSA: D-
fructose-6-phosphate aldolase), which acts as a biocatalyst. E-coli enzyme 
[Credit: CSIC]




 This is a significant step forward since it replicates the formation of carbohydrates in conditions resembling those that presumably initiated life on Earth (prebiotic conditions) and because it allows relatively large organic molecules to be obtained very selectively and efficiently. 
Furthermore, it is a process with few steps, that does not use organic solvents and generates no waste, and it has great potential in chemistry, especially for obtaining molecules and active ingredients of interest (drugs, supplements, etc.). 
Pere Clapés, a research professor with the CSIC who led this project, explains that in the synthesis of organic molecules . "it is not only important for them to have the correct structure, but also the right angle and position in space, because this affects their function." 

In fact, this is one of the main problems that can limit the effectiveness of compounds like drugs. 
In the case of pentoses and hexoses, these are simple sugars (monosaccharides) with five and six carbon atoms, respectively: crucial for life thanks to their function in energy production, structuring, communication and cell-cell recognition. 
The results presented in the journal Nature Chemistry show that the scientists obtained pentoses and hexoses by assembling formaldehyde and glycolaldehyde, with a minimal modification to the FSA enzyme sequence. 

A very malleable enzyme 

The enzyme FSA was discovered in 2001 and its physiological function in E. coli is still unknown.
 It is thought to be an ancestral enzyme, and that it is active before a broad range of compounds. 
What surprised the researchers is that it is a very malleable enzyme, much more so than others. 
As a result, with only a small number of genetic mutations in the enzyme, its catalytic capacity can be modulated and increased significantly. 
This is what allows the enzyme to be carefully adapted in order to synthesise several molecules at will. 
The metabolism of carbohydrates in living organisms is a complex process, forged over millions of years of evolution. 
It is no easy task to carry out these processes in a flask, whether by assembling the enzymes involved in the process or by manipulating the metabolic pathways of living organisms. 
Nor is it simple to obtain carbohydrates with conventional chemical methods, which require several stages and the use of organic solvents. The procedure was developed by scientists in the Biotransformation and Active Molecules Group of the Spanish National Research Council (CSIC), with support from the Nuclear Magnetic Resonance Service of the UAB. 
Pere Clapés explains: "we want to prove that the tools of biocatalysis allow complex molecules to be obtained from simpler ones, which are in fact the same ones used in nature." 
He goes on: "Over millions of years, living organisms have forged these metabolic strategies to obtain the carbohydrates they need to survive." "The process is a simple one, mimicking the prebiotic formation of carbohydrates from compounds that were probably around in the world before life began," adds Teodor Parella, of the UAB. 
For these researchers, the engineering of proteins, in particular of biocatalysts, has enormous potential for the sustainable synthesis of natural molecules and their derived products. 

Source: Universitat Autònoma de Barcelona [September 23, 2015]

Bio-rene artificiale

Certamente non è lontano il giorno nel quale si commissionerà un rene biologico nuovo per sé o per il proprio caro con insufficienza renale. Da anni potevano essere riprodotte cellule umane in laboratorio in una semplice  Capsula di Petri. Il problema era far sì che le cellule così riprodotte si "organizzassero" - invece che su di uno strato semplice, in un organo complesso, coniugandosi con le cellule di supporto e quelle deputate al trasporto del sangue ed all'innervazione, riproducendone la funzione. Il problema, in bio-ingegneria, è denominato "scaffolding" ed era ritenuto pressocché insormontabile, fino a qualche tempo fa.
Ora, non più:


Lab-grown kidneys 
shown to be 
fully functional 
in animal recipients
All that from a petri dish.
The past few years have been marked by the proliferation of lab-grown organs, including limbsliversskinheart tissue, and yep, even penises. But piecing together an organ, cell-by-cell, in a way that resembles the real thing is only half the challenge - you’ve actually got to make it work as part of several incredibly complex systems in a living, breathing organism. And that’s where most attempts fall flat.
But researchers in Japan have managed to grow fully functioning kidneys in the lab, and when transplanted into pigs and rats, they filtered out urine just like a natural kidney. Built using stem cells that had been extracted and then incubated in the animal recipients, the kidneys point to the possibility of lab-grown kidneys for humans in the future.

Libri Letti: Coiles

Coiles.
Architettura, storia, conservazione.



In fondo, si trova sempre qualche cosa da dire, su qualunque pubblicazione letta.

Anche e persino in un caso come questo: il libro è "Coiles" di Salvatore Cabras, architetto.
Il titolo ("Ovili", in Italiano) è corredato di un sottotitolo che recita "Architettura, storia, conservazione".

Lo ho acquistato, lo confesso, per le bellissime fotografie (di cui intendo fare uso in vari miei articoli in futuro) che mi avevano subito conquistato già compulsandolo velocemente sotto gli occhi impazienti e attenti del libraio...
Immagini rare (alcune d'epoca, di Baunei) della Sardegna più selvaggia e nascosta meritano sempre di essere viste...
Se ci si sente in colpa per la spesa (27 Euro) si può dire subito che già le fotografie, da sole, possono giustificare l'acquisto del libro.

Diverso - e contrastante - è invece il giudizio su forma e contenuto del testo.

- Inizio subito dalle note negative: l'autore non ha molta dimestichezza con la lingua Italiana (poco male, in genere: in verità è una mia pecca personale l'essere così tanto sensibile all'Italiano corretto. E - per alcuni sardi - l'impiego di un Italiano inappropriato e "distratto" potrebbe addirittura essere un simpatico vezzo voluto!).
Faccio solo qualche esempio, tanto per chiarire: "capello" al posto di "cappello", nel tradurre il vocabolo "cugumale" (che riguarda la parte sommitale della capanna, di cui l'autore cita anche la derivazione, dal latino "cacumen"): si tratta qui di un tipico errore "sardo" di fronte alle consonanti doppie. Un po' più grave è "pensilina", invece di "tettoia" nella traduzione del vocabolo "antalena", quella simpatica piccola sporgenza sopra all'ingresso della capanna. Ma si tratta di errori sui quali si può anche benevolmente sorvolare, se lo scopo del lettore è documentarsi su architettura e terminologia in sardo baunese della capanna del pastore.

- Le note positive - a mio personale vedere - sono più pesanti, sulla bilancia di un giudizio e giustificano l'acquisto e l'esistenza di questo libro, oltre alla fatica dell'autore.
Infatti, Salvatore Cabras riesce a spiegare bene - persino al più ignaro dei lettori - che quel coacervo di rami apparentemente ingiustificato ed informe possiede invece molti motivi ed un preciso disegno in realtà. Anche la scelta del legno è bene argomentata e finalmente è chiara anche a me: e mi è chiaro il motivo della mia istintiva, innata, predilezione per il ginepro. Tralascio i vari dettagli architettonici, la loro funzionalità e i molti altri dettagli (tra cui la descrizione delle differenze tra coiles invernali ed estivi) che compaiono nel testo: è il caso di lasciarne la scoperta a chi desiderasse procurarsi il testo.

Un messaggio diretto che passa con discreta forza - e di questo si deve certamente ringraziare l'autore - è quello dei motivi che orientano la capanna sarda, fin dai tempi della capanna nuragica, da cui egli la fa decisamente derivare: si tratta di considerazioni pratiche, utilitaristiche, volte al massimo vantaggio della migliore esposizione ai fattori ambientali (vento, sole, pioggia etc). Non esiste alcuna considerazione para-scientifica, astronomica/astrologica o chissacché.
Si tratta unicamente di una costruzione che è il risultato della summa di esperienze edilizie e non solo edilizie, solo pratiche e non speculative, plurimillenarie.
E quest' ultima affermazione - prima e più ancora dei motivi pratici per i quali fu inizialmente eletta dai costruttori una struttura a base circolare - basta da sé a dare un significato valido e razionale fondamentale e all'opera.



In omaggio ad una cena Rotari ed alla fugace conoscenza - tanti, tanti anni fa - presso Tortolì.

giovedì 24 settembre 2015

Gavino Mereu & Oriele Piras, insieme, fino alla fine.




Nuoro, 6 giugno 1946.

Scrivo questo mio testamento olografo in uno di quei meravigliosi momenti di profonda serenità quali solo la compagnia di mia moglie Oriele ed il comune apprezzamento nostro delle splendide bellezze semplici di questo luogo meraviglioso sanno donarmi.
Farò anche una copia al dittafono di queste mie disposizioni definitive, per ciò che concerne l’attribuzione ultima dei nostri pochissimi ma sudatissimi beni materiali, non appena sarò tornato a Treviso e riavrò dunque a disposizione macchina, tastiera e segretaria. Ma sono compiutamente informato dal mio Notaio Sig. Aristeo Agapanto in Treviso, circa il fatto che – per quanto sia più difficile a leggersi – ciò che “fa testo” e che possiede valore legale è solamente quello che è scritto e firmato interamente di mio pugno, anche se redatto in privato e non in presenza di un Notaio.
Divagherò ora, brevemente. Anche perché chi legge possa così farsi subito una precisa idea circa lo stato di mia piena sanità fisica e presenza mentale e del mio concomitante buon equilibrio generale attuale…
Di comune accordo con mia moglie Oriele, ho sempre pensato che – pur essendo noi due in regime di più completa “comunità di beni” – la casa ed il terreno di Perdingiano (Piano delle Mimose, ex Pranu Putzu) fosse di pertinenza della famiglia Mereu e che la metà della casetta rimessa a posto di via Flumendosa 19, Orotelli, dovesse riguardare solo la famiglia Piras. 
Nelle nostre intenzioni, la comunità di beni si dovrebbe applicare solamente alle nostre realizzazioni (che potrei definire "di coppia" e non ereditate dalle rispettive famiglie Piras e Mereu) e pertanto: l’appartamento di via Incanto Grande a Treviso, al relativo garage ed inoltre alla minuscola casetta colonica - quasi unu pinnettu - nella quale mi trovo ora a scrivere queste righe (una casetta di poco meno di 70 mq, in poco meno di un ettaro di terra con un uliveto di 65 olivi e qualche pianta ornamentale), in un luogo sito a 6,5 km a nord di Nuoro, immerso in una brezza profumata di mirto, di cisto e di ginepro...
L’elenco dei beni è un elenco breve, quindi.
Ma esistono alcune mie importanti volontà, che sono condivise da Oriele e che desidero qui esprimere chiaramente ed argomentare in modo conclusivo ed incontrovertibile.
Premetto che mia moglie ha molto, molto sofferto (e come lei altri suoi familiari, immagino) per una malaugurata diaspora familiare – originata dalla sventurata e precoce perdita della splendida madre e poi certamente aggravata da alcuni errori, non solo del padre – diaspora che è riuscita prima a dividere i Piras della sua generazione e a spargerli infelicemente in giro per l’Italia per numerosi anni; in seguito a creare alcuni spinosi e duraturi dissapori, di difficilissima soluzione anche perché rimuginati a lungo e mai ricomposti, in assenza forse di una valida comunicazione e di necessarie spiegazioni a cuore aperto fra i diretti interessati. Un fato malvagio assolutamente imprevedibile per una famiglia che prima era semplice e felice e totalmente ignara di tutto quanto sarebbe seguito.
Non desidero certo entrare qui nel merito delle modalità di sviluppo a partire dai motivi iniziali, né discutere le singole vicende personali, in quanto – come ho potuto constatare – ognuno degli attori possiede al riguardo la propria visione personale (differente da quella degli altri) e resta tenacemente convinto di essere nel giusto.
Quando – dopo lunga e paziente sua (e mia) attività diplomatica – si presentò finalmente l’occasione favorevole per riavvicinare un poco le parti e per riunire simbolicamente la famiglia in una sola sede almeno per le feste maggiori, Oriele abbracciò con tutto il suo entusiasmo l’iniziativa, riuscendo inizialmente ad interessare tutti e a trainare persino l’immobilismo recalcitrante (e per me ottuso) della sorella maggiore, donna di nessun raziocinio e nessun affettività, maggiore nei suoi confronti solo all'Anagrafe.
Si trattava di questo: la metà restante della casa dei genitori – quella residua dall’acquisizione iniziale di Alberto Piras, che a suo tempo ne acquistò per sé la metà, per potersi finalmente sposare, essendo doveroso presso la nostra gente essere proprietari – era oramai ridotta a poco più di un tugurio traballante. Ed esso spettava ancora legalmente (ma non certo moralmente) a tutti e quattro i fratelli e la casa sarebbe stata dunque destinata ad essere divisa ulteriormente in quattro minuscole porzioni, che sarebbero state certamente del tutto inutilizzabili, creando - se ancora ve ne fosse stato bisogno - ancora altri malumori. 
I due fratelli (molto grazie alla maggiore saggezza portata dal tempo ed un po’ anche ai buoni consigli e convincimenti di noi due) rifiutarono la loro quota, contestualmente donandola alle due sorelle, che quindi ne divennero in modo improvviso ed insperato comproprietarie al 50%. 
(Un analogo tentativo era stato in verità già tentato tentato molti anni prima, purtroppo con modi molto più maldestri ed in tempi certamente non ancora maturi. Per tali motivi esso era miseramente fallito ed aveva anzi molto peggiorato la situazione. Al già presente dissapore di tutti i fratelli Piras inverso Alberto si aggiunse una grave frattura tra la sorella ed il fratello più anziani, per cause che tutti i familiari concordemente riconducono sempre unanimemente a lei, con l’unica l’eccezione dell’interessata stessa, naturalmente).
Iniziò dunque l’ardua impresa, che ha richiesto (nella totale latitanza brigantesca e studiata della sorella maggiore) a me ed a mia moglie molto e lungo impegno, in termini di vera e propria attività lavorativa: fatica, formulazione di programmazione e di idee, spedizione di numerosissime missive, di raccomandate, effettuazione d’infinite telefonate, acquisizioni di informazioni, consigli e procedure (in modo interpersonale dagli esperti, dalle pandette, sui libri e dagli articoli reperibili), effettuazioni di scelte ponderate dei materiali. È stato necessario inoltre contattare prima un progettista, che per mia ventura avevo incontrato anni prima ed erami diventato amicissimo e sincero, che ci ha fatto gratuitamente anche da direttore dei lavori edilizi – per amicizia nei confronti miei e di Oriele – ed il cui progetto è stato pagato dalla sorella con ben due anni di ritardo e solo dietro nostra forte insistenza (perché il soggetto ne aveva davvero bisogno in seguito ad un grave incidente in seguito al quale aveva perso il lavoro e quasi la vita: e la cosa era stata inizialmente da lei dimessa con una scrollata di spalle e la frase invero raggelante: “Sono problemi suoi”). 
A questo proposito, inoltre, la sorella invero non ha mai avuto neppure un semplice cenno di ringraziamento per la direzione gratuita dei lavori, (come fosse un omaggio normalmente dovutole, piuttosto che una fortuna che le era caduta immeritata dal cielo, elargitale attraverso di noi). 
Tutto fu quindi procacciato ed organizzato da noi due: oltre al progetto, le idee, e poi una squadra d’operai con capocantiere, i contatti con impiegati comunali per le autorizzazioni d’ogni genere, con artigiani, operai, fornitori, Enti Comunali e Regionali, collaboratori, amici, parenti.
La sorella maggiore è intervenuta esclusivamente per forzare alcune scelte (delle quali ella stessa per prima si è poi dichiarata scontenta, pur avendole caparbiamente imposte su altre ed essendosi nel frattempo dimenticata che si trattava di scelte sue!), per criticare scelte alle quali ostinatamente si era rifiutata di partecipare (malgrado i reiterati ed accorati inviti a farlo, infatti, non ha mai voluto neppure parlare con il mio caro amico progettista, salvo poi accusarlo di essersi odiosamente messo in combutta con noi due per frodarla!), per lamentarsi della spesa eccessiva e per diffidarci dal mettere in conto comune le spese per la parte di casa destinata a noi (lei, che nascondeva dietro il corpo persino un tubetto di pasta dentifricia pagato in comune per portarselo di soppiatto nel suo bagno personale! Lei, che si rifiuta di pagare posate, stoviglie, tovaglie, arnesi vari della cucina e tutto ciò che Oriele le ha messo a disposizione per non vivere come maiali nella casetta restaurata. Lei, che ha macchiato un cuscino in cotone grezzo – non pagato da lei – lasciandovi sopra un’evidentissima macchia scolorita, che l’accusa più ancora della macchia stessa di essere insincera fino in fondo, forse fino al letto di morte). È giunta al punto di scegliere piastrelle orribili e di qualità inferiore  (di cui lei stessa è ora scontenta!), all’encomiabile scopo di risparmiare 4 soldi di spesa!  Quando si trattò di firmare il progetto per l'approvazione formale di legge, provò a dimettere il problema invitando Oriele a firmare per lei, intonando un allegro e falsissimo: “Tanto siamo sorelle”...
Oriele – fortunatamente, donna saggia ed avvedutissima come la madre – la obbligò a leggerne, discuterne con lei (per un intero pomeriggio!) e firmarne ogni singola pagina di suo pugno, in modo che l'approvazione sua fosse cosciente, completa e valida per legge. 
E per fortuna! In seguito, la sorella ha avuto infatti il coraggio odiosissimo di affermare che: “il progetto non le andava bene” e che lei a suo tempo "non l'aveva compreso per intiero". È quindi facile immaginare che cosa sarebbe mai accaduto, se Oriele  si fosse fidata di quel solo apparentemente amabile: “Firma tu per me, tanto siamo sorelle”…
Si è trattato insomma d’anni di un vero e proprio scontro insensato, sordo e continuo, quando non aspro e concitato, con la continua resistenza ad oltranza – troppo spesso senza motivo – opposta sempre e per principio dalla miserabile sorella. Quando è sembrato che quest’opposizione fosse dettata da motivi di ristrettezza economica, le è stata fatta da Oriele la proposta di acquisire per intero l’immobile, lasciandogliene egualmente la piena libertà d’uso: ma anche questa offerta (per me troppo generosa a fronte di tanta grettezza) è stata rifiutata, senza che l’interessata sapesse offrire controproposte alternative o almeno fornire i motivi stessi del proprio rifiuto. Allo stesso modo di come un mulo non conosce davvero il motivo per cui s'arresta senza più muovere uno zoccolo sull'impietrato, oppure un caprone non sa dare ragione del proprio dar di cozzo.  
(Malgrado ciò, ha continuato a dimostrarci – con un’espressione arrogante a metà tra la stipsi dolorosa ed il sorriso –  che dalla bottiglia del latte vuota è ancora possibile ottenere altri 3 cc di latte, inclinandola bene a lungo a testa in giù: il che realizza un risparmio di circa un litro di latte in tre-quattro anni! Ed ha continuato a tesaurizzare ogni sorta di cosa, senza vergogna: una volta s’è subito appropriata il panno imbottito dei miei strumenti, nel quale avevo intenzione di riporli nuovamente, dopo averli usati. Ma gli episodi del suo vivere in miseria voluta sono così tanti che non li ricordo neppure tutti).
Si capisce bene che i risultati di una così miserabile e logorante situazione di attrito siano stati gravi e rilevanti e soprattutto in due aspetti, che ambedue riguardano i rapporti interpersonali:
1)    si è creata una sempre crescente distanza (si direbbe “disamistade” in Sardegna) tra la mia famiglia e quella della sorella di Oriele (“ma sono davvero sorelle?” - chiedeva scherzando Alberto, mentre eravamo tutti insieme una sera a cena da lui);
2)    forse in conseguenza di (1) (ma io non credo affatto sia così!) anche i figli della sorella maggiore si sono allontanati da noi (che a detta loro eravamo inizialmente “i loro zii preferiti”, secondo un'espressione usata da loro e non mai sollecitata da noi), fino ad escluderci completamente dalla loro vita.
Questo comportamento ha dato molto grande fastidio a me, in special modo nel vedere il vero e grande dispiacere causato del tutto inutilmente a Oriele (un’insensata, inopportuna ed immotivata privazione totale di affetto: un atto crudele di insensibilità e di irriconoscenza) e soprattutto in considerazione del fatto che quei due nipoti erano stati trattati nel tempo da noi con quell’atteggiamento che normalmente si riserba ai figli. Infatti, per essi – che per forza di cose erano per noi i più facili da frequentare – abbiamo fatto cose che per nessun altro nipote abbiamo fatto: basti solamente citare il fatto pratico che per il maschio Oriele è riuscita a trovare un valido impiego sicuro (per il quale egli era già stato definitivamente scartato) che gli ha poi permesso di sposarsi e di accendere un mutuo finanziario per la propria abitazione. 
Di fronte a questo unico fatto centrale, definitivo, tutto il resto diviene trascurabile e periferico, pertanto mi esimo dal citarlo, tanto grande me ne viene un fastidio...
Scrivo questo non per rivangare miserie familiari ed aridità d’animo variamente espresse, di cui sarebbe molto meglio vergognarsi in privato (ma bisognerebbe saperle almeno riconoscere: sono certo oramai che essi non ne siano neppure capaci), bensì unicamente per motivare in modo convincente e completo la nostra comune decisione di diseredare meritatamente per intero questi ex-nipoti ed i loro meritati genitori, ben sapendo che in ogni modo la loro perdita economica sarà trascurabile. 
Ben più grande è la perdita morale, di cui essi però sono unici responsabili e parti attive: ma questo è un discorso che – da quanto mi consta – non li toccherà minimamente, mai.

Troviamo invece giusto che, quasi a ricomporre un’antica disputa, il quarto dell’originale casa dei genitori spettante ora per legge a Oriele vada assegnato (visto che noi non abbiamo eredi diretti) alla famiglia dell'altro fratello.  In questo modo, alla fine ognuno avrà il proprio quarto della casa originale da dare in successione ai discendenti (ed Alberto ne avrà due quarti, quasi come se il secondo quarto fosse stato ora per allora donato da Oriele a lui ed alla moglie).
In questo caso – si capisce bene – non mi sto riferendo alla situazione di fatto che rende Alberto per legge e per diritto proprietario di ciò che ha, ma a quella più sottilmente morale, (che fu una vecchia causa di disaccordo e dissapori) che avrebbe molto preferito una più completa e diretta comunicazione ai fratelli, prima di perfezionare l’acquisto di metà dell’immobile dal padre, di nascosto dal resto dei familiari.
(Da parte mia, resto perfettamente convinto che le due sorelle ed il fratello sarebbero stati allora più che lieti di regalare al fratello quel quarto necessario in più, oppure avrebbero almeno fatto ricorso ad un comodato d’uso, o a qualsiasi altro accordo di lunga durata nel tempo: ma lo avrebbero fatto insieme ed in piena armonia, e molti dissapori si sarebbero così potuti evitare…).

Credo che doneremo ad un Ente Benefico (che ancora dobbiamo individuare) tutto il resto delle nostre proprietà, dopo che avrò venduto il mio terzo della casa di Perdingiano ai miei fratelli.
In ogni caso, non desideriamo che la famiglia della sorella di Rita (mi vedo qui costretto, per chiarezza, ma con un certo fastidio, a scriverne i nomi: Michela Piras e Aristide Vargiu ed i loro degni figli Romina e Romano) riceva alcunché da noi, visto che tutti, insieme e singolarmente hanno avuto modo di esprimere in modo più che chiaro, con omissioni, opere e parole, il loro pieno e sentito disprezzo nei nostri confronti e la propria volontà di mai più avere alcunché a che fare con noi. Intendiamo con questo scritto francamente diseredarli di tutto, visto che la legge ce ne dà facoltà e ce lo permette appieno: proprietà materiali, fatti intellettuali ed affetto. 
Crediamo infine di averne così proposta una sufficiente – ancorché non certo completa – motivazione in queste pagine.


Dichiarandoci essere
in pieno possesso delle nostre facoltà mentali ed affettive, 

Oriele Piras e Gavino Mereu.

venerdì 18 settembre 2015

LIBRI LETTI: MAFIA CAPITALE



Sì, sono tra quelli che vogliono farsi del male anche in vacanza: ho letto il libro "I Re di Roma", di Lirio Abbate e Marco Lillo.

Anche se sull'argomento "Mafia Capitale" probabilmente tutto è ancora da scrivere, (e probabilmente, molto resterà non chiarito, né tantomeno scritto) questo libro è un'anticipazione orribilmente precisa ed indicativa del lerciume che il processo penale andrà a rivelare nel suo svolgersi. Teniamoci pronti a tapparci il naso, se non si tapperanno le orecchie gli inquirenti.

Molte cose, che prima si ipotizzavano quasi come ci si abbandona all'ormai abituale espressione: "Governo ladro!", divengono chiari e precisi risultati di un teorema semplice, efficace, mortale.

E' quindi ovvio che gli asfalti delle strade di Roma si consumino subito, perché sono troppo sottili. E' improvvisamente evidente perché si eliminino gli "ostacoli architettonici" da marciapiedi troppo stretti per qualsiasi carrozzella di disabile ed inoltre interrotti - al centro - da pali ogni 7-10 metri. Oltre alle cose sospettabili, altro, molto altro di impensato dal comune cittadino diviene più che evidente, in modo semplicemente raggelante.

Riporto solo un brano (modificato, per abbreviarlo, da me), tra i tanti, che può spigare bene il tono ed i contenuti del libro, e che chiarisce il fatto per cui Lirio Abbate fu a sua insaputa - fin dall'inizio delle sue indagini - pedinato da loschi figuri e controllato dai ROS.

 "Nel 1999, tra il 16 ed il 17 luglio, dopo l'una di notte. Un furgone Ford Transit (noleggiato alla ditta Abitrans di Genzano) e con i colori dei furgoni in uso dai carabinieri entra senza ostacoli oltre i controlli del Palazzo di Giustizia di Piazzale Clodio a Roma (cancello di Via Casale Strozzi): un militare dell'Arma è complice ed apre (insieme ad altri cinque, sembra). Il veicolo parcheggia e gli occupanti entrano (grazie a complici che erano rimasti chiusi all'interno per disinnescare allarmi e cineprese, dalle sei del pomeriggio) nella filiale interna della Banca di Roma della cittadella giudiziaria. Si aprono (grazie ad una "mappa" ottenuta da Massimo Carminati per mezzo di dipendenti della Banca con grossi debiti da saldare) 147 cassette di sicurezza su 900. Alle 4 del mattino, il furgone esce. Le prime notizie riferiscono di svariati miliardi di lire di refurtiva, tra oro, gioielli e denaro.
Ma il vero colpo è un altro: sono state scelte solo cassette contenenti documenti privatissimi (forse anche vari "scheletri nell'armadio") di proprietà di magistrati ed avvocati. Infatti, ad occuparsi dell'inchiesta sarà deputata la Procura di Perugia e non quella di Roma!"

Dopo questo furto del secolo, MassimoCarminati uscirà assolto da tutti i processi nei quali è implicato...

Di chi ti puoi più fidare, dopo tutto questo?




martedì 15 settembre 2015

IVO

Caro amico mio:

non ho potuto salutarti neppure per l'ultima volta.

Ho dovuto apprendere per telefono, da un comune amico in singhiozzi, della tua dipartita.

E dire che noi tutti ti consideravamo forte come un toro: il più forte - indubbiamente - di tutti noi.

Ricordo, per esempio, quella sera - uscendo nella fiumana di spettatori dal Cinema Adriano - che ti fermasti all'improvviso, per tirare fuori un sigaro, che avresti acceso solamente fuori. Un omaccione alto come un giocatore di basket ti venne addosso da dietro e letteralmente si accartocciò su di te (che eri molto più basso). E tu non te ne accorgesti neppure: una roccia, questo eri.

Eppure un infarto ti ha portato via, all'improvviso, a tutti noi della combriccola ed ai tuoi cari. Ed io non posso perdonarti per non essere stato più forte, questa volta, ancora una volta.

Noi tutti scherzavamo - ricordi? - su come dovevano sconfortarsi le tue pazienti, al pensiero di una visita ginecologica fatta da uno che assomigliava più ad un uomo di Neanderthal col camice, piuttosto che ad un professionista serio. Quelle sopracciglione scure, quel collo taurino da pugile (che pure eri stato, in gioventù), quelle manone!

Eppure eri gentile e sapevi bene che cosa significhi essere di umili origini, perché quelle erano le tue origini. Eri un uomo buono.

Mi mancherai, collega, amico: con le tue battutacce troppo spesso ripetute, con le tue provocazioni da monellaccio cresciuto, che non si rende conto d'essere adulto, con le tue care vecchie barzellette sceme, di cui conoscevamo già a memoria la fine...

Addio, Ivo Germani... 




Da RAI NEWS

Pubblico senza commenti, per ora. Prossimamente, però, avrò modo di sfornare un articolo sulla rivista "Sardegna Antica" che conterrà alcuni chiarimenti che queste "notizie" - così brevemente espresse - certamente meritano.


14 settembre 2015 

Il gene "della bassa statura" 

Nuovi geni per la regolazione dell'altezza, la predisposizione verso malattie cardiovascolari e i livelli di emoglobina sulla popolazione sarda sono stati scoperti dal gruppo SardiNIA/ProgeNIA, guidato da Francesco Cucca, direttore dell'Istituto di ricerca genetica e biomedica del CNR.  
La ricerca e' stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Genetics che ha dedicato alle  scoperte tre diversi articoli e un editoriale. L'indagine hacoinvolto oltre 6600 volontari provenienti da Lanusei, Arzana, Ilbono ed Elini, quattro piccoli centri della Sardegna centro-orientale.  
Il team di scienziati ha sequenziato l'intero genoma di 2120 individui provenienti dai quattro paesi dell'Ogliastra. 
Sono state identificate due varianti genetiche con forte impatto sull'altezza della popolazione sarda, in grado di ridurre rispettivamente l'altezza di circa 4 e 2 cm.  
Secondo gli scienziati, questo indica un vantaggio selettivo per la bassa statura nei sardi, che rappresenta il primo esempio nella specie umana del gia' noto 'effetto dell'isola', secondo cui i mammiferi tendono a diventare piu' piccoli dopo centinaia di generazioni trascorse in ambiente insulare. 

Una risposta genetica all'anemia mediterranea 

Il secondo studio ha scoperto due nuovi geni associati con i livelli ematici dei lipidi e cinque nuovi geni associati con i livelli di molecole dell'infiammazione nel sangue, che hanno importanti ricadute cliniche per il loro effetto sul rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari e infiammatorie. 
La terza scoperta ha analizzato il controllo genetico della produzione di emoglobina: lo studio congiunto delle tre diverse forme di emoglobina presenti nel sangue umano - sostengono i ricercatori - suggerisce che la loro regolazione e' coordinata geneticamente, per aumentare la produzione di specifiche forme di emoglobina  in anemie ereditarie come le beta-talassemie e l'anemia falciforme. 

Sardegna, laboratorio genetico d'Europa 

La popolazione sarda ha caratteristiche che costituiscono terreno fertile per le analisi genetiche: la distribuzione relativamente omogenea della variabilita' genetica in differenti aree dell'isola e, per via della sua antica e complessa storia demografica in Sardegna, la presenza di varianti genetiche molto rare altrove. 
Al tempo stesso quella sarda e' una popolazione che fornisce un'eccellente rappresentazione della variabilita' genetica trovata nell'intera Europa. Per questi motivi, molte delle correlazioni tra geni e malattie e tra geni e variabili misurabili come l'altezza, o i livelli ematici di lipidi ed emoglobina, inizialmente rilevate nei sardi, vengono poi replicate attraverso studi mirati in altre popolazioni Europee. 

 - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Perche-i-Sardi-sono-bassi-Scoperto-il-gene-responsabile-08a9d076-9bdb-444b-8b96-b0760be89a02.html