martedì 15 settembre 2015

IVO

Caro amico mio:

non ho potuto salutarti neppure per l'ultima volta.

Ho dovuto apprendere per telefono, da un comune amico in singhiozzi, della tua dipartita.

E dire che noi tutti ti consideravamo forte come un toro: il più forte - indubbiamente - di tutti noi.

Ricordo, per esempio, quella sera - uscendo nella fiumana di spettatori dal Cinema Adriano - che ti fermasti all'improvviso, per tirare fuori un sigaro, che avresti acceso solamente fuori. Un omaccione alto come un giocatore di basket ti venne addosso da dietro e letteralmente si accartocciò su di te (che eri molto più basso). E tu non te ne accorgesti neppure: una roccia, questo eri.

Eppure un infarto ti ha portato via, all'improvviso, a tutti noi della combriccola ed ai tuoi cari. Ed io non posso perdonarti per non essere stato più forte, questa volta, ancora una volta.

Noi tutti scherzavamo - ricordi? - su come dovevano sconfortarsi le tue pazienti, al pensiero di una visita ginecologica fatta da uno che assomigliava più ad un uomo di Neanderthal col camice, piuttosto che ad un professionista serio. Quelle sopracciglione scure, quel collo taurino da pugile (che pure eri stato, in gioventù), quelle manone!

Eppure eri gentile e sapevi bene che cosa significhi essere di umili origini, perché quelle erano le tue origini. Eri un uomo buono.

Mi mancherai, collega, amico: con le tue battutacce troppo spesso ripetute, con le tue provocazioni da monellaccio cresciuto, che non si rende conto d'essere adulto, con le tue care vecchie barzellette sceme, di cui conoscevamo già a memoria la fine...

Addio, Ivo Germani...